Wednesday 30 November 2011

Qualche domanda per Ichino&C.

Con l'ascesa al governo di Monti è tornata di gran moda la figura del professor Ichino, tutte le sere in tv e la mattina sui giornali ad attaccare la FIOM e la CGIL e a perorare la possibilità di licenziare i privilegiati lavoratori che godono, addirittura, della protezione dell'articolo 18.
Ichino, cui non manca la fantasia, si è inventato un termine ad effetto, apartheid. Secondo lui esiste un sistema in cui i giovani vivono di contratti precari - quelli che lui ed i suoi amici peroravano 10-15 anni fa - mentre una parte di fortunati se la godono difesi da leggi "del secolo scorso" che sono proprio la causa delle sfortune dei primi.
Ichino, novello Mandela, si è lanciato nella battaglia contro questo apartheid. La sua soluzione, però è diversa da quella adottata in Sud Africa. Là si sono dati ai neri gli stessi diritti dei bianchi, Ichino preferisce togliere ai bianchi i diritti ed infilarli nel limbo degli sfruttati insieme ai neri. Geniale. Avessero avuto in Sud Africa una persona come lui si sarebbero risparmiati tanti problemi.
Naturalmente Ichino si opporrebbe a tale caricatura (?). Lui vuole dare opportunità a tutti. Vuole la flexsecurity danese, figuriamoci. Ed allora cerchiamo di capire meglio:
- In Danimarca, in effetti, le cose funzionano abbastanza bene. Si può licenziare, ma al lavoratore viene poi pagato lo stipendio dallo stato, viene riqualificato e lo stato stesso gli cerca un lavoro congruo al suo livello di capacità e di reddito precedente. Sa, Ichino e chi lo sostiene, che in Danimarca, per permettersi tale modello di ammortizzatori sociali, il livello di tassazione è circa il 55% del PIL, mentre in Italia è il 46%? Crede Ichino possibile che, insieme al licenziamento selvaggio, sia possibile ORA, SUBITO, ADESSO, aumentare in maniera così drastica la tassazione?
- La libertà di licenziare, sostiene Ichino, darà la possibilità di assumere di più. E' un'idea che fa a pugni con la logica, ma diamola per buona. Potrebbe spiegare allora, il buon Ichino, perchè in un mercato del lavoro in cui già esistono contratti flessibili - quelli dei lavoratori, cosiddetti discriminati - la disoccupazione è così alta? I giovani sono quelli che lavorano da precari, eppure la disoccupazione giovanile è la più alta d'Europa. E' colpa dei privilegi dei vecchi? E' colpa della mancanza di ammortizzatori sociali?
- Infine, Ichino sembra aver perso un passaggio fondamentale del cambiamento in atto nelle economie industriali avanzate. La competizione sul prezzo - cioè sullo sfruttamento del lavoro - è destinata a fallire. C'è sempre qualcuno che prenderà un salario inferiore. Le industrie, per sopravvivere, devono puntare su investimento in capitale umano e tecnologia per aumentare la produttività. Si è accorto Ichino che negli ultimi 20 anni, in presenza di leggi che flessibilizzavano il mercato del lavoro, la produttività è calata? Colpa dei lavoratori pigri e difesi dall'Art.18? O forse, invece, del fatto che non ha senso investire in capitale umano quando si compete sul prezzo, si abbassano i costi, e si licenziano i lavoratori che costano troppo?

Ichino attacca il sindacato perchè difende un modello di lavoro del XX secolo e non più attuale. Lui, insieme al suo amico Marchionne ed ai suoi sodali, ne propone uno ancora meno attuale, quello del XIX secolo, o forse, invece, quello della Cina contemporanea. Zero diritti, tutto il potere ai padroni delle ferriere. Che poi un personaggio così militi in un partito che, in qualche maniera e con qualche affanno, si definisce ancora di sinistra, beh....è uno dei tanti paraodossi della crisi italiana.

Tuesday 29 November 2011

I mercati irrazionali

Quello che a volte riesce difficile capire in questa situazione di crisi è cui prodest? A chi giova una crisi finanziaria che spazzi via l'euro? Certo qualcuno potrà guadagnarci, ma in generale sarebbe un disastro per la maggioranza delle banche e degli istituti finanziari. Un crack dell'euro sarebbe assai peggio di quello di Lehman, per altro con gli stati a corto di munizioni per effettuare un altro bail out.
Ed allora perchè tutta questa speculazione? Ho già spiegato che le economie europee sono fondamentalemte in grado di pagare i propri debiti e che è solo la speculazione a metterle veramente in crisi.
Perchè allora insistere su questa strada?
La realtà, a mio parere, è che il capitalismo finanziario è per sua natura anarchico. Non è più il capitalismo industriale che governava i paesi con prospettive di crescita. I mercati finanziari sono composti da miriadi di trader ed investitori, senza un piano razionale, senza un grande vecchio che tira le fila. I 13 bankers governano Washington ma non sono in grado di controllare gli animal spirits dei mercati. Ed in una situazione di panico, si perde la ragione.
E' una situazione simile al dilemma del prigioniero:



Sell
Hold
Sell
-100, -100
10, - 100
Hold
-100, 10
0, 0

La soluzione ragionevole sarebbe per gli operatori finanziari di cooperare e non perdere soldi. Se nessuno vende titoli, i tassi rimangono bassi e gli stati europei possono pagare i loro debiti. Il problema è che entrambi i giocatori hanno interesse a non cooperare. Convinti che gli altri operatori vendano forzando una bancarotta, i trader vendono i titoli cercando di salvarsi prima del fallimento. Quindi vendere è la strategia dominante, quindi entrambi venderanno - equilibrio di Nash che però è un equilibrio inferiore all'opzione in cui entrambi tengono.
In una situazione del genere basterebbe introdurre une penalità per chi vende, e si avrebbe un equilibrio diverso. Ad esempio, se la BCE si impegnasse a comprare titoli, la speculazione non forzerebbe la bancarotta e la vendita a prezzi bassi porterebbe a perdite per gli speculatori. Invece, sperare come fanno i tedeschi, che sia l'austerity a cambiare il comportamento degli operatori finanziari, impauriti dalle possibili perdite, è pura utopia.


Monday 28 November 2011

Finanza responsabile?

Sembra un ossimoro, e forse lo è.
Il lato positivo della storia, ovviamente c'è. Diverse istituzioni finanziarie hanno un reparto di SRI - Social Responsbile Investment - che adotta regole molto strette sui tipi di investimento fatti. Le regole, ovviamente, sono a discrezione dei diversi fondi. Si và dal divieto di investire in armi e tabacco, all'obbligo di puntare solo sulle cosiddette industrie del futuro, quelle cioè che, con le loro idee e produzione, renderanno il mondo un posto migliore - meno inquinamento, migliore accesso all'educazione, etc... Inoltre, per la loro stessa natura, gli investimenti SRI sono di lunga durata, non speculativi e questo garantisce le compagnie investite ed anche gli investitori che nel lungo periodo hanno rendimenti più stabili e meno soggetti alla volatilità del mercato impazzito di questi ultimi anni.
Purtroppo, però, non è tutto oro quello che luccica. Spesso i criteri scelti sono quantomeno discutibili, ed usati come specchietti per le allodole. Alcuni fondi investono nei meno peggio, piuttosto che nei meglio. Così esistono paradossi come fondi SRI che investono in BP (British Petroleum) sulla base che il comportamento etico di quest'ultima sia migliore di quello di Exxon Mobil. Spiegalo a chi vive sulla costa del Golfo del Messico!
Ma soprattutto il problema rimane legato alla logica della finanza. Gli SRI team esistono finchè ci sarà una opportunità di profitto, possibilmente più elevata che in altri settori industriali. Nell'ultimo decennio c'è stato un discreto aumento di fondi investiti perchè si tratta di mercati sottosviluppati ma in grande espansione, pensiamo solo a quello delle energie rinnovabile. Vedendo possibilità di profitto, in molti ci si sono buttati dentro.
Ma non appena queste possibilità si fanno meno ovvie, lo scenario diventa più fosco. Un paio di settimane fa Unicredit ha deciso di chiudere il suo fondo ESG (Enviromental, Social and Governance Research) e la settimana scorsa Henderson (il secondo fondo di investimenti in UK) ha licenziato i membri  del suo team di SRI, nonostante il fondo (uno dei più vecchi e maggiormente premiati) facesse profitti. Perchè? Per tagliare i costi. Henderson ha delle perdite in altri settori e licenzia nel suo fondo che fa profitti per risparmiare. L'idea assurda è che i fondi SRI possano essere gestiti da normali fund manager, senza nessun team di ricerca a fianco - team che invece è indispensabile per analizzare le performance etiche delle compagnie un cui si investe.
Questo è quello che le banche hanno imparato dalla crisi. Niente. Anzi, hanno addirirttura, se possibile, peggiorato i propri standard. E' un business model, quello finanziario, che non funziona. Che distrugge il mercato, l'economia e, infine, la vita delle persone. Senza dei regolamenti solidissimi, senza un intervento governativo deciso, nulla è destinato a cambiare. In questo caso, ad esempio, i governi potrebbero imporre per legge un requisito sull'esistenza di fondi SRI per ogni investment fund e financial institution e potrebbero imporre anche l'esistenza di quote minimo di investimenti responsabili.
Chè lasciare l'etica in mano ai mercati finanziari è come lasciare il deposito di zio Paperone in mano ai bassotti.

Thursday 24 November 2011

L'ottusità tedesca e i costi per l'Europa

Infine anche la Germania comincia a toccare con mano gli effetti dei propri assurdi diktat economici. L'asta dei titoli di stato tedeschi è stata un fallimento e non è un caso che questo succeda proprio il giorno in cui la Merkel ha di nuovo ribadito, davanti al Parlamento, che la BCE non stamperà denaro.
Il problema è che la Germania ha colpe gigantesche in questa crisi, assai superiori a quelle di qualsiasi altro paese e governo. Sono colpe di almeno 3 tipi:
- c'è un peccato originario: la creazione dell'euro è stata una operazione fortemente filo-tedesca. L'unione monetaria ha avvantaggiato i più forti contro i più deboli a prescindere dai conti macroeconomici. Italia, Grecia, Spagna, e pure la Francia hanno perso competitività nei confronti della Germania. Il risultato è stato un forte surplus di bilancia dei pagamenti della Germania verso il resto d'Europa. Come ho spiegato altrove, una situazione di questo genere era possibile solo in cambio di tassi d'interesse molto bassi nel Sud-Europa, ma ora la Germania si rifiuta di onorare la sua parte nel compromesso europeo;
- il management della crisi, organizzato interamente a Berlino. Quando la crisi greca (l'unico paese veramente malmesso dell'Eurozona) è scoppiata, i tedeschi si sono rifiutati di salvare Atene, con un modestissimo esborso. In linea di principio, forse la Germania aveva ragione, peccato che 12 mesi dopo gli aiuti alla Grecia ci siano stati lo stesso, ma troppo tardi. La crisi era ormai fuori proporzione;
- l'ostinazione a impedire alla BCE di stampare moneta, caso più unico che raro al mondo. Questa cocciutaggine ha scatenato il panico sui mercati finanziari. L'Italia, nonostante il debito, era perfettamente solvente e una garanzia della BCE avrebbe fatto sparire qualsiasi paura dal mercato. La Spagna ha un deficit galoppante ma un debito ristretto, il che avrebbe dovuto calmare gli speculatori. E la Francia, ora sotto attacco, non avrebbe avuto nessun problema con le banche esposte nel Sud-Europa.

L'arroganza tedesca è la causa principale della crisi. I comportamenti ridicoli e l'incapacità politica di Silvio Berlusconi avevano poco a che fare con la crisi italiana, come dimostra la perdurante tensione sui mercati dopo la sua uscita di scena. Nè viene premiata la maggioranza assoluta ottenuta dal Partido Popular in Spagna. La Germania non può ostinarsi a gestire l'Euro solamente in proprio favore, ricattando il resto d'Europa. Se gli incubi tedeschi sono legati all'iper-inflazione degli Anni 30, forse sarebbe meno costoso organizzare una seduta di massa da qualche buono psichiatra.

Wednesday 23 November 2011

La miseria delle nazioni

Ieri mi è capitato di leggere un articolo di Jeffrey Sachs sull'Huffington Post. Una cosa inusuale. HP è un sito che non amo, ma è soprattutto Sachs a lasciarmi perplesso. Fu il protagonista della shock therapy in Polonia e Russia (insieme a David Lipton, che guarda caso ora è l'economista IMF in carica per controllare i conti italiani...brividi).  Da qualche anno sembra essersi pentito, anche se quando lo incontrai a Oxford ormai 10 anni fa sembrava pur sempre credere che la sua impostazione di allora si fosse rivelata fallimentare per errori non propri. In buona sostanza, un neo-liberal ora un pò più moderato.
Che però se ne è uscito con una serie di statistiche interessanti, creando un nuovo tipo di Misery Index, che viene formato semplicement sommando il deficit (col segno invertito), il tasso di disoccupazione ed il deficit di partite correnti - la bilancia dei pagamenti (nuovamente a segno invertito). L'idea, semplice ma intelligente, è costruire un indice per vedere come si comportano le economie a livello macro. Il debito verso l'estero e le future generazioni ci indica quanto la nostra capacità produttiva sia inferiore al nostro livello di consumo, quindi quanto siamo poveri. E la disoccupazione indica l'incapacità della nostra economia di offrire reddito e dignità ad una parte della popolazione. Quindi, un vero indice della miseria.
I dati per i paesi occidentali li riporto qui sotto:



Budget Balance
Unemployment
CA/GDP
Misery Index





Austria
-4.6
4.4
2.6
6.4
Belgium
-4.2
8.3
1.3
11.1
Canada
-5.5
8.0
-3.1
16.6
Denmark
-2.9
7.4
5.5
4.9
Finland
-2.8
8.4
2.9
8.2
France
-7.0
9.8
-2.2
19.0
Germany
-3.3
7.1
5.6
4.8
Greece
-10.4
12.6
-10.4
33.4
Iceland
-7.8
7.5
-8.0
23.3
Ireland
-32.4
13.7
-0.7
46.8
Italy
-4.5
8.4
-3.5
16.4
Luxembourg
-1.7
4.5
7.8
-1.6
Netherlands
-5.3
4.5
7.7
2.1
Norway
10.5
3.5
12.9
-19.9
Portugal
-9.2
11.0
-9.7
29.9
Spain
-9.2
20.1
-4.5
33.8
Sweden
-0.3
8.4
6.3
2.4
Switzerland
0.5
4.2
14.7
-10.9
United Kingdom
-10.3
7.8
-2.5
20.6
United States
-10.6
9.6
-3.2
23.5

Fonte: Sachs, OECD


I risultati sono assai interessanti. L'Italia non solo è messa (di gran lunga) meglio di Grecia, Irlanda e Spagna, ma anche di Canada, Francia, UK e USA. Certo l'indice della miseria non tiene in conto il principale problema del nostro paese, il debito, ma fornisce una fotografia interessante sullo stato corrente di quello che succede in diversi paesi. Quelli che quindi, OGGI, sono più o meno virtuosi. E dunque, quelli che avrebbero bisogno di intereventi strutturali. L'Italia, apparentemente, non è necessariamente tra questi, nonostante lo svantaggiosissimo cambio euro. Ovviamente molti altri problemi andrebbero analizzati, epperò.....

Tuesday 22 November 2011

Non resta che affidarsi ai tecnici

"Non resta che affidarsi ai tecnici. I poteri forti, è una balla dire che non ci sono, pensano a questo: rafforziamo la BCE, rafforziamo i livelli metanazionli di governo, nelle situazioni di crisi più esplosive, tipo Grecia e Italia, determiniamo cambi di governo che affidino il timore a esperti che fanno parte integrante del potere finanziario internazionale. Questo potrebbe essere un modo di gestire la transizione."
Massimo Cacciari, Il Messagero, 21 Novembre

Non penso ci sia bisogno di commenti, per oggi.

Monday 21 November 2011

La sinistra ai tempi della crisi

Le elezioni spagnole rappresentano un segnale importante che va letto nel contesto della crisi europea. Negli ultimi 20 anni, dalla caduta dell'URSS in avanti, le differenze tra destra e sinistra si erano andate sempre più affievolendo, in fondo era la fine della storia ed il capitalismo aveva trionfato.
La sinistra era salita in corsa sul carro del vincitore e la solida e classica socialdemocrazia dell'europa occidentale ne era stata travolta non meno del comunismo. Negli anni 90 andava di moda la terza via, che in realtà era solo una prima via, neanche troppo edulcorata. Mercato, mercato, mercato.
Soprattutto in economia, il solco da seguire era quello del neo-liberismo, tracciato prima da Reagan e Thatcher, ma seguito poi da Clinton e Blair. E poi, a ruota, Schroeder, Zapatero e i nostrani governi dell'Ulivo, ed in parte anche i socialisti francesi, se si pensa che la figura economica principale era DSK. E non sembrava esistere alternativa, tutte le democrazie europee cominciavano a diventare bipolari, con la progressiva scomparsa della sinistra che non aveva accettato la modernizzazione. L'alternanza si basava su motivi contingenti piuttosto che su una vera possibilità di scelta.
Ma la crisi sembra rimettere tutto in discussione. Con tanti se e tanti ma. L'egemonia culturale e politica durata vent'anni non si cancella in 3 mesi, ma proprio la Spagna, col movimento degli indignati, ha fatto capire che esiste un vero problema di rappresentanza, una emergenza democratica che non può essere arginata da partiti che propongono poco o nulla di diverso tra di loro. Non è un caso che il PSOE sia stato duramente punito, non è un caso che, più in generale, il modello bipolare stia entrando in crisi in molte e diverse realtà. La crisi è lo spartiacque per rifondare la sinistra, abbandonare in toto e senza esitazioni il modello neo-liberale e tornare ad una critica seria del capitalismo e non solo dei suoi eccessi.

Thursday 17 November 2011

Da Bologna alla Bocconi

Nell'immaginario popolare Monti viene visto come uomo della Bocconi e questo ci comunica subito qualcosa. Serio, certo. Preparato, ci mancherebbe. Ma anche conservatore e liberale. La Bocconi gode di ottima fama, e a ragione, ma è sempre stata una fucina della classe dirigente conservatrice, da Giavazzi a Zingales e Alesina, a Profumo, Passera (guarda un pò) e Tronchetti-Provera. Capiamoci, una classe dirigente di alto profilo, di visione internazionale.
Ma legata ad un certo sistema di pensiero, quello liberale e mercatista, che non può essere, e non è mai (checchè ne dicano Giavazzi ed Alesina) di sinistra. Per la scuola Bocconi vale la definizione che Rosy Bindi ha dato di Matteo Renzi, "tardo blairismo". Che l'Italia abbia bisogno di uscire dal sistema di corporazioni che l'attanaglia non ci sono dubbi, che sia il liberismo ad essere la medicina giusta è assai più discutibile.

Con l'ascesa di Monti sembra si abbandoni definitivamente quell'approccio a metà tra socialdemocrazia e mercato ben temperato che è stato da sempre la cifra dell'altra grande scuola di economia italiana, quella di Bologna. Una scuola legata al mondo cattolico del Mulino ma che non a caso è sorta nella rossa Bologna, per decenni l'esempio del buon governo comunista (ma in realtà da sempre socialdemocratico nella sua miglior versione). Una scuola che ha dato molto alla politica italiana, da Beniamino Andreatta, il patriarca del gruppo, fino naturalmente a Romano Prodi, passando per Paolo Onofri ed anche non economisti come Arturo Parisi.
Vi era in quella corrente di pensiero, grande attenzione al sociale, al lavoro, alla necessità di unire modernizzazione e sostenibilità economica. Vi era inevitabilmente una componente fortemente progressista, ideale punto d'incontro tra tradizioni diverse che è stata la base del primo Ulivo.
Ora si volta pagina, non solo in Accademia. L'arrivo di Monti, primo premier liberale della Repubblica, segna l'inizio di una nuova era, di una svolta conservatrice che non fa presagire nulla di buono.

Wednesday 16 November 2011

La finanza al governo

L'inzio del governo Monti non è dei migliori. In questi giorni si è fatto notare che Monti era già stato advisor di Goldman Sachs ma che bisogna valutare la persona e non il suo cv - anche se allora non si capisce perchè tocchi affidarsi ad un governo tecnico.
Ora la scelta dei ministri va nella stessa direzione. Per fortuna il rettore di una università privata non è finito al MIUR, anche se nel governo c'è lo stesso. Ma Passera allo sviluppo economico sembra veramente una nomina assurda. Nel mezzo di una tempesta finanziaria provocata dalle banche, come si fa a mettere il banchiere italiano più in vista a capo di un dicastero economico? E' forse il prezzo da pagare al sistema finanziario internazionale? Ed i conflitti di interesse dello stesso Passera?
La scusa, già me lo immagino, è che serve un esperto del mestiere per riordinare il sistema finanziario. Tipo quando hanno messo Rubin a capo del tesoro americano e ha lanciato la de-regulation finanziaria, o quando c'è finito Paulson che ha salvato la sua vecchia banca (sempre Goldman, scherziamo....) senza imporre nessuna condizione sull'utilizzo dei fondi pubblici. Felice se sarò smentito dai fatti, ma mettere il lupo a controllare il gregge di pecore non è di solito l'idea migliore.
E per controllare che il lupo non faccia solo gli interessi di Banca Intesa, meglio farlo controllare da Gnudi, che prima di diventare ministro del turismo faceva il consigliere di Unicredit.
Se il buongiorno si vede dal mattino...

Tuesday 15 November 2011

Stato d'eccezione

L'Italia sembra destinata a rimanere un caso eccezionale nella politica europea e mondiale. Si è appena liberata (almeno temporaneamente) di un unto del signore, ed ecco che spunta un salvatore della patria. Non voglio certo paragonare Monti a Berlusconi, e probabilmente Monti si trova in questa condizione suo malgrado, ma la realtà è che ci si trova sempre di fronte a qualcosa di anormale quando si parla di politica italiana.
Sarà giusto giudicare il nuovo governo su quello che produrrà ma non si riesce davvero a capire il metodo dietro tutto questo. Sembra una situazione anche peggiore di quella greca dove il nuovo governo tecnico è da considerarsi pro-tempore, 6 mesi e poi tutti al voto. In Italia, invece, si parla di governo di legislatura, perchè le riforme richiedono tempo. Anche se forse durerà meno, con Berlusconi che staccherà la spina quando si sentirà pronto per tornare al voto con alcune chances di vincere. E tutto ricomincerà da capo.

Thursday 10 November 2011

Le nefaste profezie dei mercati

L'ultima settimana è stata drammatica. Il panico sui mercati finanziari ha sostanzialmente forzato la probabile fine del governo Berlusconi, un ottimo risultato ottenuto in maniera a dir poco discutibile. La situazione non è però migliorata e lo spread è schizzato alle stelle.
Ci sarebbe da capire il perchè. Si, certo, il debito italiano è altissimo. Vuol dire che sia insostenibile? No. Un livello simile del debito lo abbiamo avuto per una ventina d'anni, senza per questo avere nessun tipo di problema. E' cambiato qualcosa negli ultimi anni? Dal punto di vista domestico, non troppo. Continuiamo ad avere crescita debole e debito alto, come sempre. Ma l'economia del paese è tranquillamente in grado di ripagare i debiti - anche se non ci sono dubbi che il debito è una questione da risolvere una volta per tutte.
Il problema italiano nasce, soprattutto, sui mercati finanziari che agiscono in maniera irrazionale. Attaccare un paese solvibile come il nostro è una idiozia. Il problema è che questi attacchi sono il classico esempio di self-fulfilling prophecies. Come detto, l'Italia a Giugno era perfettamente solvente. Nessun investitore avrebbe perso denaro, tutti i debiti sarebbero stati ripagati. Ma il panico generato da motivi esterni (la Grecia, l'Euro in pericolo, la pessima governance di UE e BCE) ha scatenato gli animal spirits. Credendo erroneamente che l'Italia fosse in crisi, gli attacchi speculativi hanno, in effetti, generato una vera crisi. In questo senso sono profezie che si auto-avverano. La costante, ed ingiustificata, vendita di titoli italiani fa schizzare il rendimento alle stelle e quindi limita seriamente le possibilità del governo italiano di avere accesso al mercato del credito e, dunque, di ripagare i debiti in scandenza. Una assurdità contro cui sarebbe opportuno un massiccio intervento della BCE, l'unica a poter creare moneta e a contrastare un attacco speculativo che non ha ragione d'essere.

Tuesday 8 November 2011

Elezioni subito

Il governo Berlusconi si avvia verso il tramonto e già si parla insistentemente di esecutivo tecnico, chiesto anche da Veltroni. In precedenza, Scalfari aveva espresso lo stesso concetto. Entrambi sostengono che in mezzo alla buriana della crisi non si possa votare. E perchè? La Spagna lo fa, senza problemi. Anzi, l'annuncio del voto ha contribuito a far calaregli attacchi speculativi. Ma soprattutto la domanda che sorge spontanea è: se la legislatura fosse giunta alla sua fine naturale, si potrebbe votare nel mezzo della crisi? O dovremmo sospendere la democrazia perchè i mercati richiedono stabilità?
Questi discorsi sono rischiosi, ancorchè legittimi. Si vuole il governo tecnico perchè faccia le riforme, ma che tipo di riforme? Quelle che decidono i cittadini o quelle che "ci chiede l'Europa", che "ci chiedono i mercati"? In democrazia sono gli elettori a scegliere e dovrebbero essere i parlamenti e non "i mercati", come sosteneva ieri Giannini, a votare la sfiducia. I cittadini hanno il dovere di scegliere tra più alternative, soprattutto davanti a mesi che si profilano drammatici. La casta di politici e gran commis di stato non può arrogarsi il diritto di scegliere per gli altri, diritto basato su non si sa bene che presunta capacità di discernere meglio della plebe.
Solo un governo votato dagli elettori su un programma chiaro potrà avere la legittimità e la forza di fare uscire l'Italia dalla crisi. Con l'approvazione del popolo (e non con quelle degli operatori di borsa o dei burocrati di Bruxells) si potranno intraprendere anche misure dure.
Altrimenti ci troveremo con governi senza maggioranza politica, sostenuti dal cosiddetto senso di responsabilità. Ma responsabilità verso chi?

Friday 4 November 2011

Golpe europeo

E cosi' han cancellato il referendum greco. Ma in che mondo viviamo? Il popolo non puo' neanche esprimere la sua idea sulle misure che gli vengono imposte (e non sulla permanenza nell'euro). Geniale soprattutto il commento di Sarkozy. Copio e incollo dal Corriere on line

"Non vogliamo dare l'impressione - ha aggiunto il capo dell'Eliseo - di entrare nelle vicende domestiche dei Paesi, ma noi ci occupiamo dell'euro e la moneta unica va difesa". Il presidente francese ha detto ancora che l'eventuale annullamento della consultazione popolare sulle misure di austerità della Grecia sarebbe «un successo del messaggio lanciato da Francia e Germania».

In realtà, secondo Newsnight della BBC, quel che sta saltando fuori e' che la EU avrebbe detto a Papandreou che se il referendum - lo ribadisco, sugli aiuti, non sulla membership - avesse avuto un risultato negativo e più in generale se Atene avesse rifiutato le misure del bail out, la Grecia sarebbe uscita dall'euro e non sarebbe potuta rientrarci x almeno 10 anni.
 Per fortuna che non volevano interferire negli affari interni di uno stato sovrano! D'altronde che la Grecia fosse ormai considerata una colonia era chiaro da quando il famoso bail out aveva inserito una clausola per cui tecnici esteri dovranno presidiare i ministeri greci x assicurare l'implementazione delle misure imposte.
Da oggi, ufficialmente, la Grecia e' un protettorato franco-tedesco. All'annuncio del referendum Papandreou ha dovuto addirittura licenziare i capi delle forze armate, ora è stato ricattato da chi, forse, quelle forze armate ha cercato di mobilitare. Dal golpe militare, al golpe bianco, i cittadini greci non possono più decidere del loro futuro. Che vergogna.
La Merkel e Sarkozy hanno calato la maschera. Prima affamano il popolo greco per salvare le banche dei loro paesi, poi impediscono a quello stesso popolo di votare. Imperialismo. La crisi economica, nata dall'insostenibilità di una democrazia di mercato è risolta con la cancellazione della democrazia e col ritorno agli imperi. Questa è l'Europa di oggi.

Thursday 3 November 2011

Un nuovismo che già puzza di vecchio

Al convegno dei rottamatori fiorentini, Luigi Zingales, economista liberale di Chicago, ha riscosso grandi applausi con una frase ad effetto: "in Italia ci sono le migliori segretarie e i peggiori manager". Davvero? Nel paese dove vive e lavora, gli USA, ci sono manager pure peggiori di quelli italiani, ci sono i CEO delle banche che hanno portato al tracollo l'economia e si sono fatti pagare i bonus dai cittadini. E' quello l'esempio da seguire?
Renzi ha proseguito sostenendo che se deve prendere lezioni di economia e fare scelte di politica economica di certo si affiderebbe allo stesso Zingales e non a qualche non meglio precisato membro della direzione del PD - il riferimento era chiaramente al responsabile economico Stefano Fassina, l'unico a denunciare le politiche neo-liberali da macelleria sociale richieste da UE e BCE.
Ecco, è questo il nuovo che avanza? Trasformare l'Italia sul modello più caro agli Zingales, l'America di Reagan e l'Inghilterra della Thatcher? Negli ultimi 4 anni dove hanno vissuto Renzi e Zingales? Non sarebbe il caso di tirare fuori la testa dalla sabbia e rendersi conto che la crisi è figlia di quel modello che oggi ripropongono anche per il nostro paese?
Se questo è il nuovo, mi tengo volentieri il vecchio.

Wednesday 2 November 2011

La paura del referendum

La scelta del governo greco di tenere un referendum popolare sul programma europeo di aiuti e, soprattutto, tagli ha scatenato un putiferio.
L'Europa si lamenta di non essere stata avvertita. Francia e Germania si sono dichiarate "seccate" e sorprese. Perchè mai dovrebbero essere i cittadini greci a decidere del loro futuro? Sembra davvero un'idea demodè. In fondo, c'è già qualcuno che decide per loro. Una idea chiaramente condivisa dai vari analisti finanziari che ieri davano opinioni a destra e manca. Tipicamente la tesi sostenuta era "non si possono lasciare scelte del genere in mano ad agenti irrazionali (sottinteso, i cittadini)". Anche se nessuno ha spiegato perchè si debba invece lasciare tali decisioni in mano ad agenti assai più irrazionali (gli investitori e gli speculatori) che decidono non sulle loro vite ma su quelle altrui.
Da noi questa sfiducia nella democrazia è condivisa da larghe fette della classe dirigente. In una intervista lunare sul Messagero di oggi, Michele Salvati, neo direttore del Mulino ed intellettuale di riferimento della sinistra "liberal"  (ossimoro se mai ne esiste uno), invoca un governo di salute pubblica che prenda "misure forti e impopolari per rassicurare i mercati". D'altronde Montezemolo e la sua gang chiedono la stessa cosa e una parte del PD spinge nella medesima direzione. Una riedizione dei governi tecnici che non rispondono a nessuno, prendono decisioni senza essere stati eletti e rispondono solo ai mercati. Il sogno del neoliberismo. L'incubo della democrazia.