Thursday 11 October 2012

Il peggior banchiere centrale del mondo

Global Finance Magazine anche per quest'anno ha dato le pagelle ai banchieri centrali di tutto il mondo. E il premio come peggior banchiere è stato vinto dalla governatrice argentina Mercedes Marco del Pont.
Come mai? Molto semplicemente la signora Marco del Pont ha deciso di staccarsi dalla solita, stantia litania monetarista. Ha cambiato lo statuto della Banca Centrale e ha deciso che gli obiettivi perseguiti dalla politica monetaria argentina non si riducono al controllo dell'inflazione.
Scandalo! Vergogna! La stolta banchiera ha deciso che tra i compiti della sua istituzioni ci sono anche la stabilità finanziaria, la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo economico e l'equità sociale.
Addirittura l'equità sociale, questo sembra davvero intollerabile per i circoli finanziari del mondo. Ma come ci si permette di mettere becco in quello che fanno i mercati per questioni così futili! D'altronde lo sanno tutti, la mano invisibile mette a posto tutto, teniamo l'inflazione sotto controllo e tutto funzionerà perfettamente. Ed invece la signora Mercedes non ha capito nulla, ed infatti perdendosi dietro alla rincorsa delle farfalle ha lasciato che l'inflazione raggiungesse il 9.8% quest'anno. Una roba mai vista.

Lasciando stare la mitologia che l'inflazione sia questa tremenda piaga (e non lo è, soprattutto in un paese in via di sviluppo che deve crescere),  manca veramente il buon senso a tutti questi economisti liberali e questi finanzieri che nulla sanno di vita reale. Si accusa la governatrice argentina di fare male il suo lavoro, ma la disoccupazione in quel paese è al 7.5%. Toccherebbe chiedere ai disoccupati greci, spagnoli ed italiani, cosa ne pensano. La crescita economica sostenuta degli ultimi 10 anni ha portato l'economia argentina fuori dalla drammatica crisi finanziaria in cui proprio una versione hard-core del monetarismo l'aveva portata. Certo tutto questo è avvenuto facendo di testa propria, non seguendo i consigli del Fondo Monetario Internazionale, quelli che dicevano di tagliare stipendi, pensioni e posti di lavoro - ma di tenere, sia chiaro, sotto controllo l'inflazione! E che uno faccia di testa propria è davvero inaccettabile. Ma certo, se avessimo la signora Mercedes Marco del Pont a capo della BCE vivremmo tutti in un'Europa più democratica, più giusta ed un po' meno povera.

P.S. Davanti a prove così schiaccianti di stregoneria, Christine Lagarde, direttrice del FMI ha minacciato di "cartellino rosso" l'Argentina. Prorio quello stesso FMI che fu cacciato da Buenos Aires a calci in culo dal vecchio presidente Kirchner. Ci possiamo solo immaginare le risate alla Casa Rosada.
P.P.S Date un'occhio al resto della lista: alcuni di questi governatori saranno anche incapaci di tenere sotto controllo i tassi di interesse, ma con la disoccupazione al 2%, cosa ci fa, ad esempio il Vietnam in questa lista?

Tuesday 9 October 2012

L'arroganza della tecnica

Ci risiamo. Davanti ad uno sforzo unitario della politica per rendere più umana la riforma delle pensioni ecco che il Ministro Fornero alza un muro invalicabile. I partiti presenti in Parlamento hanno trovato un accordo bipartisan (e non è poca cosa!) per rendere un minimo più graduale l'innalzamento dell'età pensionabile. Ma per Fornero questo vorrebbe dire smontare la riforma. E quando mai? La natura della riforma non viene assolutamente cambiata, si introducono semplicemente degli scalini da qui al 2017 per prendere in considerazione la situazione di lavoratori che, dopo aver lavorato una vita ed esser arrivati vicini al traguardo, si sono visti cambiare le regole dalla ministra.
Addirittura la signora minaccia ripercussioni anche in sedi internazionali nel caso vengano prese misure "non adeguatamente ponderate". Da che pulpito! Fu ponderata la sua riforma? Dopo aver studiato il sistema previdenziale una vita, Fornero non si accorse che la sua riforma creava il gigantesco problema degli esodati - cosa che in qualsiasi paese normale avrebbe portato al "pensionamento" immediato del Ministro in-competente. Ma evidentemente a UE e mercati internazionali vanno bene le riforme approssimative a raffazzonate ma non gli interventi a favore dei lavoratori.
Nella logica del Ministro bisogna semplicemente spremere al massimo il lavoro. Ed i primi dati sui pensionandi con lavori usuranti stanno lì a dimostrarlo. Su 12 mila domande, meno di mille sono state accettate, visto che i paletti burocratici ideati dalla riforma rendono virtualmente impossibile accedere ai diritti di chi ha fatto un lavoro che gli ha rotto la schiena. 930 domande accolte su 235 mila lavoratori andati in pensione nel 2011 - questa sarebbe la quota dei lavori usuranti nell'economia nazionale che quella brillante riforma ha artificialmente creato. L'ennesima presa in giro all'italiana.

Saturday 6 October 2012

Le banche italiane uniche in Europa ad aumentare i tassi. Ed il governo?

Su Economonitor un dato non riportato dai nostri media ma di straordinaria importanza. Da quando Draghi ha impegnato la BCE nel salvataggio dell'Euro, i tassi di interesse sono scesi in tutta Europa - molto semplicemente le banche si sono sentite rassicurate sulla sopravvivenza dell'Euro e quindi più sicure sui loro prestiti. In tutta Europa, ma non in Italia:


Cambi nei tassi applicati sui mutui



Cambi nei tassi corporate (non finanziarie)

Fonte: Economonitor


In poche parole, il costo del denaro è sceso in tutta Europa - in maniera modesta e per ora ininfluente, ma questo è un altro discorso - mentre in Italia continua a salire. Mentre l'economia reale sta soffocando, le banche continuano a stringere il cappio. Dov'è il governo? Dov'è Passera? Qualcuno batta un colpo



Thursday 4 October 2012

L'Ilva, una storia italiana

La vicenda dell'ILVA è lo specchio dell'Italia degli ultimi 20 anni. Una commistione tra politica malata, impresa spietata, regole che non esistono, povertà ed emarginazione.
Iniziamo da qualche fatto.
Fatto 1: L'Ilva è una impresa più che redditizia, fa profitti a valanga, quindi i problemi attuali non sono certo dovuti alla crisi o ad un prodotto ormai obsoleto.
Fatto 2: L'Ilva, ex impresa pubblica, fu privatizzata, nel non troppo lontano 1995, ed acquistata dai Riva.
Fatto 3: i Riva, tra le altre cose, hanno partecipato alla cordata capeggiata da Passera per salvare Alitalia, pur dichiarando: "non sarà un investimento redditizio".
Fatto 4: l'Ilva inquina da anni senza che gli si dica nulla
Fatto 5: quando son stati rivisti i parametri ambientali per quel che riguardava l'Ilva c'era il governo Berlusconi, principale sponsor della cordata Alitalia
Fatto 6: il direttore generale del Ministero dell'Ambiente era Corrado Clini, che oggi fa il Ministro e rivendica il diritto del governo ad ignorare una sentenza di un tribunale perché, evidentemente, la politica sta al di sopra della legge (vedi alla voce Batman)
Questi i fatti. Proviamo a collegarli. Negli anni 90 inizia in Italia l'epoca delle privatizzazioni all'amatriciana, con imprenditori ben agganciati che si portano a casa fior di aziende, spesso per una frazione del loro valore. La retorica è sempre la stessa, lasciamo fare al mercato e tutto andrà bene. In realtà si tratta di uno scambio di favori, tra politica ed imprenditoria. I Riva ne sono l'esempio più concreto, si fanno dare un'impresa redditizia, fanno soldi a palate ma non li reinvestono nell'azienda (a cui carico c'è il rispetto delle leggi e la salvaguardia dell'ambiente) ma in manovre politiche per favorire il potente di turno. Che si sdebita a suo modo, chiudendo un occhio sul cataclisma ambientale provocato dall'Ilva. Tutti contenti. Beh, non proprio tutti.
Tumori, morti, case invase da polvere nera, Taranto diventa una polveriera tanto che pure la magistratura deve intervenire. Ed allora si scatena la guerra tra poveri, tra chi vuole il lavoro e chi vuole la salute. Ma perché? Le 2 cose non sono in contraddizione. Acciaierie ne esistono altrove, non solo a Taranto, e non creano questi problemi. Non c'è la polvere che invade le case, non ci sono i tumori.
Ma per l'Ilva è diverso. Ci si può permettere di ricattare la politica perché senza Ilva l'industria italiana morirebbe. Ed ecco allora i soliti noti che cominciano il loro gioco sporco. In campo Sole24ore e Confindustria, in campo il governo dei professori che vuole aggirare una sentenza del tribunale. In campo, messo dal governo, un vecchio arnese della politica italiana, il prefetto Ferrante, un uomo per tutte le stagioni: uno che nega che l'Ilva inquini, nonostante tutti i dati dicano diversamente. Uno che organizza gli scioperi dei lavoratori, il blocco del traffico, e fa pure portare loro pasti e bevande. E poi ha il coraggio di negarlo in Tv, pur smentito dai suoi stessi dipendenti.
A personaggi di sto genere, ai Riva, ai Clini, ai Ferrante è affidato il futuro dell'Italia. Ma lo squallore non è certo dovuto solo a loro, al massimo comparse di bassa lega in questa tragedia. Se scaviamo un po' più in profondità troviamo domande inquietanti. Qualcuno dovrebbe iniziare a spiegarci perché un'industria strategica, che è fondamentalmente monopolista nel mercato dell'acciaio e che si trova a monte del tessuto produttivo italiano sia stata privatizzata. Non era il caso di tenerla pubblica, data la sua importanza, dato che il suo funzionamento và al di là delle leggi che impegnano tutte le altre imprese di questo paese? E perché gli imprenditori privati in Italia si sentono in diritto di fare quello che vogliono? E perché in Italia i liberali che stanno al governo se ne fregano della rule of law e si comportano come neanche i peggiori statalisti? Quale è il gioco sporco che si è fatto dietro le quinte in Italia in questi anni - gli anni in cui Prodi dismetteva le partecipazioni statali, D'Alema privatizzava e Berlusconi organizzava cordate? Chi ci ha guadagnato, chi continua a guadagnarci e chi ci ha perso, magari pure la vita?
E' questo intreccio soffocante, questa piovra di soliti noti, di politici, tecnici, padronato senz'anima e perché no? sindacati complici, che sta uccidendo l'Italia. Proprio come l'Ilva sta uccidendo Taranto.

Monday 1 October 2012

Il patto di stupidità ed il rigore europeo

La notizia non è sorprendente per gli addetti ai lavori ma ha comunque del clamoroso. Un ex funzionario francese, Guy Abeille, ha svelato le genesi del patto di Maastricht ed in particolare della parte che obbliga gli stati aderenti a non superare il 3% di deficit rispetto al GDP (ormai superato dai fatti col fiscal compact). Questo numero è stato per anni l'alfa e l'omega della politica economica di tutti gli stati europei, obbligati ad adeguarsi manco parlassimo di tavole della legge. Ma dietro il 3% non c'è nessun raffinatissimo studio comparato, né ricerche approfondite. No, le cose andarono diversamente:

"La decisione di adottare il parametro del 3% la prendemmo in meno di un'ora. Era un calcolo fatto sul retro di una busta, senza nessuna riflessione teorica. Mitterand aveva bisogno di una regola facile da poter usare nelle discussioni con i ministri che venivano nel suo ufficio a chiedere soldi.....Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Il 3? Era un buon numero che resse alla prova del tempo ed in qualche modo ricordava la Santa Trinità"

Qualcuno, una volta, lo chiamò patto di stupiditià, ma questa è l'Europa in cui viviamo.